parco museo minerario
In località Piani Resinelli, da agosto 2002 è aperta ai visitatori, dopo una completa opera di recupero a cura della Comunità Montana, la Miniera “Anna” – una delle testimonianze più significative dell’antica attività mineraria della zona, che per secoli (1600-1950) è stata oggetto di estrazione di varie tipologie di minerali di piombo.
La Valsassina è stata un’importante area mineraria sulla quale si sono sviluppate attività di produzione metallurgica (armi, attrezzi agricoli) per il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia. Lo sfruttamento di piccole miniere è stato possibile grazie alla disponibilità di legname dei boschi limitrofi, fino a determinare, in alcuni periodi, lo spoglio radicale. Tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, i progressi tecnologici hanno permesso una più ampia utilizzazione delle risorse minerarie lecchesi, cambiando radicalmente la natura del lavoro in miniera (con perforatori, dinamite, teleferiche). Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’abbassamento dei prezzi determinò la decadenza di queste attività, fino alla chiusura degli impianti negli anni ’50.
La visita alla miniera permette di scoprire i diversi metodi estrattivi legati alle epoche e ai mezzi disponibili e consente di conoscere le condizioni di vita dei minatori nel passato. Si pensi che lavoravano in miniera prevalentemente nelle stagioni fredde (causa le infiltrazioni d’acqua durante l’estate) senza orari o soste, e talvolta dormivano anche in miniera (qui la temperatura è costante, circa 10°, quindi spesso più calda che all’esterno). Partivano a novembre con muli carichi di farina, panni e poche altre masserizie e si sistemavano in rudimentali baite nei pressi della miniera. Venivano retribuiti in base alla quantità di minerale estratto: il salario era costituito parte in natura, parte in denaro, parte in minerali (che poi dovevano rivendere – il pagamento in minerali fu vietato solo con provvedimento del 1789) e in attrezzi. La scarsa preparazione dei minatori, le rudimentali tecnologie disponibili, i turni di lavoro disumani e l’accumulo di materiali di scarto lungo le gallerie rendevano l’ambiente insicuro e pericoloso: i crolli non erano infrequenti, innumerevoli gli incidenti, le malattie e la perdita di vite umane. Solo nella seconda metà del ‘900, grazie allo sviluppo di tecniche estrattive più sicure, anche la vita dei minatori è migliorata.
Le visite guidate si effettuano in piccoli gruppi, con partenza dallo chalet delle guide (vicino al parcheggio sotto il rifugio SEL – un tempo baracca di minatori). È un’escursione interessante perché il mondo della miniera evoca una selva di sensazioni contrastanti: l’entrare nelle viscere della terra, l’immergersi nel buio (luogo dei nostri fantasmi), l’essere rinchiusi ma anche protetti dalle intemperie o dai pericoli del mondo esterno, e inoltre la fatica dell’arduo lavoro del minatore e il coraggio necessario per affrontarne i pericoli.
Il percorso all’interno della Miniera “Anna” si presta a una visita accessibile a tutti, perché presenta un itinerario privo di difficoltà. Si accede all’imbocco della miniera dopo un agevole sentiero nel bosco di circa 500 metri. Entrando, ci si trova nel sotterraneo, più o meno come doveva apparire nel ‘700-‘800; tutto il sistema dei puntelli è stato ricostruito con travi di legno, e si è pensato anche ai bambini con pannelli disegnati e modellini di “gnomi minatori” che, con i loro tipici attrezzi, raccontano ai più piccoli il mondo della miniera. Il complesso ha un ampio sviluppo di gallerie e spiazzi/caverne che testimoniano un impianto tipico dell’epoca rinascimentale. Nel procedere lungo il percorso si può comprendere l’evoluzione delle tecniche nel corso del tempo, anche grazie ai vari attrezzi opportunamente collocati.
Si raccomanda abbigliamento da montagna.