molino maufet

L’edificio, dapprima dei Frati Agostiniani di Gravedona, è appartenuto per secoli alla Famiglia Sciucco ed è stato acquistato dopo anni di abbandono e degrado della Famiglia  Il Bettiga nel 2016.

 

L’abbandono e il degrado ne distrussero una buona parte, ma la ristrutturazione lo ha reso di nuovo completo. La struttura si sviluppa in due distinti edifici adiacenti:

 

un primo, risalente al 1200, posto a monte, un tempo adibito a Luogo di Pila e di abitazione (per la pilatura di orzo e castagne essiccate);

 

un secondo (il principale e più ampio), appena più a valle sul medesimo canale di roggia, composto da due distinti molini:

  • il più antico serviva alla macinazione in proprio ed alla panificazione infatti disponeva a corredo di un antichissimo forno posto nel locale appena adiacente risalente al 1150. Lo stesso forno riporta l’intero complesso a epoche precedenti.

  • il successivo del 1400(a due ruote) era adibito alla macinazione conto terzi e per tal motivo disponeva al piano superiore di un apposito locale utile all’essiccazione dei grani conferiti (l’essiccatoio).

 

L’intero complesso molitorio al suo massimo splendore annoverava in totale ben 4 ruote idrauliche.

 

Il piano terra (interamente visitabile) è occupato dai macchinari rimasti intatti nella loro disposizione originaria, dallo spazio con camino e dall’adiacente (ora unico) locale un tempo adibito a forno e stalla (la volta).

 

Nella volta in sasso sono stati inseriti alcuni pannelli esplicativi, alcuni oggetti e un grande

tavolo per incontri divulgativi e laboratori. Ai piani superiori sono stati conservati gli spazi abitativi ora restaurati ad uso privato. 

 

Nello spazio esterno si possono osservare il sasso di Pila, le due grandi ruote idrauliche pesatore completamente ripristinate, il lungo canale aereo in legno che porta l’acqua e ben visibile a terra la Roggia Molinara con il suo canale in pietra.

 

Il Mulino Museo raccoglie in particolare beni afferenti alle attività molitorie e alle attività agro-silvo-pastorali, legate all’allevamento del bestiame, alla lavorazione latte, alla fienagione, alla cerealicoltura, alla lavorazione dei campi, alla viticoltura, alle suppellettili e all’arredo, all’economia familiare, alla religiosità popolare.

 

Il Molino Maufet è sito in Località Villatico a Colico (LC) lungo il percorso dell’Antica Roggia Molinaria che ha origine a Fontanedo, primo insediamento del paese, risalente al 1100. Il Molino Maufet nasce in questo periodo e precisamente con una piccola costruzione visibile a monte dell’attuale complesso storico.

 

Anche il Catasto Teresiano del 1718 ne dà traccia menzionando un contratto di Livello, come “Sito di Pila per Orzo ad Acqua” di proprietà dei Frati Agostiniani di Gravedona, poi rilevato in proprietà dalla Famiglia Sciucco già proprietaria del complesso Molitorio, adibito alla macinazione di Grano e Granoturco oltre che a Forno per la panificazione.

 

Nel suo massimo splendore il Molino poteva vantare la presenza di ben quattro ruote idrauliche ad oggi ne sono state ricostruite due. Ancor oggi evidenti sull’architrave posta all’ingresso, le iniziali “MA BM” seguite da “FEB 1826”, attestano l’anno in cui la Famiglia Sciucco cessava l’utilizzo della Pila proseguendo l’attività produttiva con il solo Molino.

 

Sulla facciata è possibile ammirare l’affresco recuperato di S. Cristina di Bolsena, protettrice dei mugnai, celebrata il 24 luglio. Il molino, attivo fino agli anni sessanta fu abbandonato per la morte degli ultimi mugnai, detti “i Maufet”. Nonostante la sua travagliata storia, il molino resta la prova tangibile di come la cultura del lavoro artigiano – contadino sia sopravvissuta ai secoli. Il complesso architettonico ha conservato le caratteristiche originarie sia all’esterno che all’interno comprese le macine (perfettamente integre) per la molitura. Ora è di proprietà della Famiglia Bettiga, la stessa che si sta occupando da anni del restauro, valorizzazione e ricerca storica.

 

Al suo interno, dediti alla macinazione c/o terzi, è possibile osservare i due palmenti con macine francesi di La Ferté, messi in movimento da altrettante ruote verticali (pesatore). L’alimentazione era garantita dalla prospiciente derivazione dell’acqua dalla Secolare Roggia Molinaria.

 

Un piccolo molino abbaziale con macina in pietra fa da corredo per la produzione di farina di castagne impiegata nelle preparazioni dolci. Durante il rifacimento dei muri perimetrali è stata rilevata la presenza di un’architrave identica a quelle visibili all’uscita degli alberi (fusi) delle attuali ruote. Si conosce dunque la presenza di un terzo palmento smantellato probabilmente a metà del XIX sec. asservente la produzione di farina ad uso proprio e dell’adiacente Forno per la panificazione.

 

Contestualmente allo smantellamento del palmento e del forno, il locale fu riconvertito a uso abitativo solo in epoca recente. Un terzo spazio contiguo in volta in pietra ospitava la stalla.

Tutta la parte superiore del complesso, fatta eccezione per il fienile e l’essiccatoio, ospitava gli spazi abitativi dei mugnai.

Riconoscimenti

 

Il Molino è stato dichiarato Luogo del Cuore FAI nella 10° edizione del Censimento dei Luoghi Italiani da non dimenticare 2021.

 

Nella classifica generale pubblicata lo scorso 25 Febbraio, lo pone al 3° posto assoluto nella

Categoria Mulini –  2° posto assoluto in Provincia di Lecco – 27° posto assoluto in Lombardia –  188° posto assoluto in Classifica Generale su 39.500 luoghi segnalati in 6.504 Comuni d’Italia.

 

Un riconoscimento frutto anche dell’impegno della delegazione FAI (e FAI giovani) di Lecco – già partner delle Giornate FAI d’Autunno 2018 2018 dell’Assessorato al Turismo di Colico e di una foltissima schiera di cittadini sostenitori.

 

Il sentiero “Anello dei Molini”

 

Il sentiero “Anello dei Molini”, tracciato dal CAI Colico su proposito dei Molini di Villatico è segnalato con i segnavia bianco-rossi e ripercorre, con un dislivello non superiore ai 250 mt, la vecchia via dei mulini, che attraversa la frazione di Villatico. 

 

Partendo dalla Chiesa di San Bernardino, attraverso un suggestivo percorso panoramico di circa un’ora in percorrenza, nell’ordine incontriamo: il Molino della Molinera – Belatti, il Molino Secrista – Agretti, il Mulino della Latteria, il Molino Maufet, il Molino Bregamin, il Molino Balanscee, il Molino Gaggini – Seregni, il Molino Murgana.

 

La Roggia Molinaria di Villatico

 

Su tutto il territorio, nel passato completamente dedicato a coltivazioni e allevamenti, l’acqua era portata dai suoi due grandi torrenti, l’Inganna e il Perlino e da torrentelli e ruscelli più piccoli come l’Acqua dei Piot, La Val e il Merla. 

 

Però il corso d’acqua più importante dell’intero Paese in seno alle necessità quotidiane e alle attività industriali, risultava fin dal medioevo, quello alimentato dalle sorgenti di Fontanedo, che, canalizzate lungo la roggia Molinaria, attraversavano diametralmente tutta la frazione asservendo i Mulini e lambendo la chiesa parrocchiale di S. Bernardino, fino a terminare il proprio percorso nel fiume Perlino.

 

Quest’acqua era perenne e abbondante durante tutta la stagione invernale ed estiva, anche nei periodi di Magra del Fiume maggiore, Inganna. La prima sorgiva nasceva nella valle, poco sotto lo sperone della torre e l’ultima al centro del paese.

 

Le acque della Roggia Molinaria servivano per:

  • muovere le ruote di mulini;
  •  muovere semplici macchine nei frantoi, segherie e fucine; 
  • irrigare vigneti, campi, orti e prati, la principale risorsa economica della comunità ottenere acqua per fontane pubbliche e abbeveratoi;
  • lavare e sciacquare i panni nei lavatoi e lungo il corso.

 

Nel decorso dell’ultimo mezzo secolo l’utilizzo di queste macchine geniali è andato via via scemando per ragioni endemiche sociali ed economiche, tuttavia con sempre maggior forza viene riconosciuta la loro valenza ecologica e le potenzialità nella produzione di energia pulita e rinnovabile. Ad oggi tratti ancora perfettamente conservati sono visibili e potenzialmente funzionanti nella visione prospettica di un loro riuso funzionale.

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