DI QUA E DI LÀ DELL’ADDA

Un itinerario tra natura e storia

Da Calolziocorte a Imbersago 

partenza/arrivo

Calolziocorte/Imbersago

periodo

Weekend primaverile/estivo

durata/lunghezza

Da 1 a 3 giorni

A pochi passi dalla stazione ferroviaria di Calolziocorte, il Giardino Botanico di Villa De Ponti offre la possibilità di una sosta rilassante fra oltre 500 specie arboree e arbustive differenti, autoctone ed esotiche, spontanee e coltivate: un’occasione per scoprire curiosità e aspetti più o meno noti sul Regno delle Piante. Sviluppata attorno ad un viale con andamento ellittico, la vegetazione è distribuita ad altezze variabili e alternata a tappeti erbosi, rivelando un attento studio ambientale e architettonico che si manifesta attraverso una parete verticale simile a una balza scoscesa, una valletta di conifere che richiama il bosco d’altura, una siepe di carpino bianco a delimitare il parco. Senza dimenticare l’area dedicata alle piante officinali, aromatiche e da frutta, mentre un’aiuola ospita specie mediterranee come il lentisco e la ginestra. Una storia, quella del Giardino Botanico, che ripercorre le vicende di Villa De Ponti, attualmente di proprietà della Comunità Montana Lario Orientale Valle San Martino. Di gusto eclettico con qualche richiamo al Liberty, la villa e il relativo parco risalgono infatti alla prima metà del ‘900, quando sono realizzati su commissione della famiglia De Ponti, origini milanesi e interessi nel ramo chimico, presente a Calolziocorte perché legata alla vicina fabbrica dei Sali di Bario, esempio di archeologia industriale ancora ben visibile. Un tempo periferica rispetto all’abitato, la villa è oggi un polmone verde fra case, industrie e parcheggi, capace di indurre emozioni positive attraverso il contatto diretto con la natura, l’osservazione, l’ascolto, l’esplorazione, la sensorialità e, per i più piccoli, anche il gioco.

A Calolziocorte sulla riva sinistra del fiume Adda, ai margini della Valle S. Martino, sorge l’antico Convento dei Servi di Maria con la chiesa della Vergine del Lavello. Un complesso dove echeggiano richiami ancestrali, importante centro ricco di storia, cultura e devozione popolare. Insediamento di origine romana, distrutto nel 1373 durante la sanguinosa strage della Valle San Martino, sul finire del XV secolo diviene luogo di una scoperta miracolosa: scavando sotto una tomba, l’eremita Jacomino rinviene una fonte d’acqua che ben presto si rivela fautrice di straordinari prodigi e guarigioni, cominciando ad attrarre un mirabile flusso di pellegrini. Attraverso il chiostro maggiore, la parte residenziale dei Padri, e quello minore, adibito invece a foresteria, si esce lungo il fiume raggiungendo il sagrato della chiesa, divisa in tre campate con soffitto a capanna. All’interno, numerosi quadri e intagli settecenteschi fra cui un singolare pulpito con crocifisso retto da una mano scolpita, mentre tra gli affreschi spicca quello della Crocifissione, attribuito al piemontese Giovanni Tornelli e raffigurante l’immagine della Madonna Addolorata, fulcro della devozione dei Servi di Maria e dell’intera comunità, che richiama attraverso i colori simbolici del suo abito l’amore incondizionato della Vergine, la sua regalità e la speranza nella resurrezione. Grazie a diverse campagne di scavo, nel tempo sono stati riportati alla luce la cappella più antica, di origine medievale, con la base d’altare che presenta sui fianchi tracce di decorazioni a losanga, e una vasca in pietra calcarea che ricorda i massi avelli. Oggi è sede dell’omonima Fondazione adibita a eventi culturali e punto informativo per gli itinerari della Fede in provincia di Lecco e tappa della “Cloister route”.

Riaperto dopo un accurato restauro, il Museo della Seta Abegg di Garlate mostra rare testimonianze della lavorazione serica in terra lombarda, dall’allevamento del baco con il metodo Pasteur alla trattura dei bozzoli nel corso dei secoli, dalla torcitura del filo sino alla nuova sezione dedicata alla produzione di tessuti e al futuro della seta. Fondato dalla società svizzera Abegg su idea del responsabile per l’Italia Carlo Job, il museo nasce nel 1953 con la missione di documentare l’influenza dell’industria serica sulla scienza applicata e lo sviluppo tecnologico dei mezzi produttivi, missione che oggi si arricchisce ulteriormente attraverso un allestimento particolarmente attento alla didattica e ai servizi educativi per le scuole. Ricavato all’interno della storica filanda Abegg di fine ’700, il museo raccoglie e conserva macchinari, strumenti, accessori e prodotti, ma la sua collezione più rilevante è quella delle macchine da torcitura, essenziali nell’industria dei filati di seta. A tal proposito, si segnala il grande torcitoio circolare idraulico risalente al 1815, la prima macchina complessa mai costruita dall’uomo, capace di torcere molte centinaia di fili contemporaneamente e in modo regolare. Si tratta di una tipologia giunta in Italia dal Medio Oriente all’epoca delle crociate, comparsa per la prima volta a Lucca nel XIII secolo e determinante nello sviluppo dell’industria moderna, oggetto di studio anche da parte di Leonardo. All’esterno, sul terreno antistante la facciata del museo, merita poi una visita il “Gelseto storico”: una sessantina di gelsi per mostrare l’evoluzione di questa pianta così preziosa per il baco.

Lost your password?
Translate