L’ALTA VALLE SAN MARTINO

Un itinerario nella storia della valle

Da Carenno a Torre de’ Busi 

partenza/arrivo

Carenno/Torre De’ Busi

periodo

Weekend primaverile/estivo

durata/lunghezza

Da 1 a 2 giorni

Nel borgo antico di Carenno, il Museo di Ca’ Martì rinnovato nell’allestimento, documenta la storia, la vita e il lavoro dei muratori della Valle S. Martino. Un patrimonio di conoscenze e abilità professionali che ha accomunato più generazioni, custodito nelle costruzioni antiche come nei resti delle numerose cave, dove riecheggiano vicende umane fatte di dedizione, fatica ed emigrazione. Nato come progetto di recupero architettonico e della memoria del paese, il museo presenta, accanto a documenti d’archivio, immagini e voci dei protagonisti, i principali strumenti di lavoro e le risorse che hanno segnato la vocazione del territorio. Materie prime come il legname, le pietre, i ciottoli, la calce, l’argilla e le sabbie, tra cui il caratteristico “spolverino”, si ritrovano infatti nell’edificio sia come tracce del primitivo nucleo quattrocentesco sia come esemplificazioni di messa in opera a cura di artigiani esperti. Sorta come tipica abitazione popolare, la piccola “Casa di Martino” ha inoltre rivelato i resti di un antico affresco con l’emblema di S. Bernardino, noto per aver predicato la pacificazione tra Guelfi e Ghibellini. Con partenza dal museo, la “Valle dei Muratori” è un percorso escursionistico in 16 tappe alla scoperta del forte legame tra il paese e l’arte del costruire: dalle stradine del centro storico, con la Torre medievale di Tuzzano e la Parrocchiale del Novecento, si prosegue in un pregevole contesto paesaggistico verso l’Oratorio affrescato di S. Domenico, lungo sentieri tra torrenti e castagni fino alle antiche “calchere” per la trasformazione della calce. Unico nel suo genere, il museo vi offrirà uno sguardo inedito sui saperi del passato e uno spunto di riflessione verso un futuro sostenibile, fondato sul rapporto virtuoso fra uomo e ambiente.

Il Museo del Beato Serafino Morazzone, posto di fianco alla neogotica Chiesa di Chiuso, dedicata nel 1903 a Santa Maria Assunta, ha sede nella attigua canonica di recente restaurazione. Situato nel pittoresco borgo di Chiuso, accoglie al suo interno cimeli dedicati alla vita del Beato e un raro dipinto murale del 1871, realizzato da Casimiro Radice, che raffigura La conversione dell’Innominato, episodio fondamentale dei Promessi Sposi. Poco discosto si trova la duecentesca Chiesa, legata al Museo stesso e ora dedicata al Beato Serafino, che accoglie uno splendido ciclo di affreschi medievali. L’edificio presenta un’unica navata con presbiterio quadrangolare coperto da volta a botte. A impreziosire l’interno contribuiscono le decorazioni pittoriche, tra le quali si distinguono i Dottori della Chiesa e l’ampia Crocifissione nel presbiterio. Essi furono eseguiti negli ultimi decenni del XV secolo da un ignoto maestro influenzato dalla cultura figurativa bresciana; recentemente è stata avanzata l’ipotesi che si tratti del Maestro di Nave.

Nel 1858 vi fu deposta l’urna con le spoglie di don Serafino Morazzone (1747-1822), curato di Chiuso dal 1773 al 1822, beatificato nel 2011. Secondo la tradizione, don Serafino fu confessore di Alessandro Manzoni che nel Fermo e Lucia (1822), prima edizione dei Promessi Sposi, inserì il personaggio del “buon curato di Chiuso” ispirandosi proprio a questa figura. Ricongiungendosi al famoso incontro tra l’Innominato e Federico Borromeo, collocato da Manzoni proprio nella canonica di Chiuso, il museo si inserisce anche in un itinerario penitenziale che dalla canonica conduce alla Chiesa medievale, che rappresenta simbolicamente il percorso di riconciliazione operato dal Beato Serafino durante la sua vita pastorale.

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